Le investigazioni aziendali, permettono di ottenere elementi probatori certi, utilizzabili anche in sede giudiziaria con un positivo rapporto costo-beneficio.
Controlli sulla forza vendita (verifica della fedeltà dei dipendenti), accertamenti di violazione del patto di non concorrenza, raccolta di prove per il licenziamento con giusta causa (finta malattia, falsa timbratura, ecc.), concorrenza sleale di soci e collaboratori, indagini volte alla ricerca di colpevoli di atti vandalici e furti in azienda.
Casi di infedeltà aziendale
L’articolo 2150 c.c. sancisce l’obbligo di fedeltà, affermando che: “Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, né
divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizi”.
Nelle indagini per infedeltà aziendale rientrano quelle per:
- Spionaggio industriale;
- Antisabotaggio aziendale;
- Furti in azienda da parte di dipendenti o fornitori.
Investigazioni aziendali
Controlli sulla forza vendita (verifica della fedeltà dei dipendenti), accertamenti di violazione del patto di non concorrenza, raccolta di prove per il licenziamento con giusta causa (finta malattia, falsa timbratura, ecc.), concorrenza sleale di soci e collaboratori, indagini volte alla ricerca di colpevoli di atti vandalici e furti in azienda.
Concorrenza sleale ex dipendenti
Attraverso attività d’intelligence (raccolta informazioni e analisi) e attività operative (osservazione dinamica, sopralluoghi, interviste, ecc.) documentiamo e raccogliamo prove da utilizzare in sede di giudizio.
Si tratta in particolare della diffusione/abuso di informazioni aziendali riservate relative alla clientela, documentazione, condizioni di vendita e altre informazioni riservate attinenti al business dell’ex datore di lavoro.
Se tali informazioni, acquisite lecitamente dall’ex dipendente in costanza di rapporto di lavoro, vengono successivamente diffuse e/o vendute dopo la cessazione del rapporto ciò costituisce un illecito.
Le norme qualificano la concorrenza sleale in:
- atti idonei a creare confusione con l’attività di un concorrente ex art. 2598, c.c.;
- atti tendenti a influire scorrettamente sulle scelte del pubblico, incidendo negativamente sulla altrui immagine e positivamente sulla propria ex art. 2598 n. 2, c.c.;
- tutti gli atti di concorrenza diversi dai precedenti compiuti con modalità non conformi alla correttezza professionale art. 2598 n. 3, c.c.;
- quando gli atti di concorrenza sono compiuti con dolo o con colpa, l’autore degli stessi è tenuto al risarcimento dei danni e può essere pubblicata la sentenza (c.c. art. 2600).
Falsa malattia e falso infortunio
Il dipendente, in malattia o in infortunio, potrebbe in realtà svolgere un altro lavoro non compatibile con la patologia dichiarata.
Lo stesso ha l’obbligo di evitare attività che potrebbero causare un peggioramento delle condizioni di salute e rallentare la guarigione (Cass. sent. n.6047/2018).
L’accertamento di comportamenti non diligenti per una pronta guarigione, una condotta del lavoratore dipendente così grave da far venire meno il vincolo fiduciario, può essere una delle motivazioni che determina il licenziamento del dipendente per giusta causa e senza preavviso.
Infedeltà di soci, manager e dipendenti
Chi diffonde informazioni è spesso un soggetto interno all’impresa stessa.
Può trattarsi di soci, manager, dipendenti o di aziende partner: in questi casi, l’imprenditore deve contrastare la minaccia a protezione della propria impresa.
Uso improprio dei permessi Legge 104
L’impiego non congruo dei permessi concessi in base alla “legge 104” può legittimare il licenziamento da parte del datore di lavoro.
Il datore di lavoro può incaricare l’Istituto investigativo NSI Europe di Modena per acquisire elementi di prova volti a dimostrare l’uso illegittimo del permesso da parte del dipendente che anziché accudire il familiare malato, svolge altre attività, eventualmente per scopi
personali. In questo caso, il datore di lavoro può interrompere il rapporto di lavoro.
Violazione del patto di non concorrenza
Il patto di non concorrenza è quello strumento – disciplinato dall’articolo 2125 del Codice Civile – grazie al quale le aziende possono tutelarsi dai comportamenti scorretti che di cui i propri dipendenti potrebbero “macchiarsi”, anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro.
Potrebbe accadere, infatti, che un lavoratore dipendente una volta interrotto il rapporto con l’azienda utilizzi le competenze acquisite e i processi di lavorazione appresi nel corso dell’attività lavorativa, per aprire una propria attività o per lavorare presso un’altra impresa in concorrenza con quella del precedente datore di lavoro.